Birra aumenti materie prime
Beeer Mag. 2021 ©

Perché l’aumento dei prezzi delle materie prime sarà un problema anche per la birra

Esistono sicuramente tanti indizi che anticipano una tempesta perfetta ma quando ci si ritrova all’interno, da anni, diventa difficile riuscire a prevedere davvero tutto. Il 2022 sarà un altro anno complesso, aggravato dagli imprevisti di una pandemia lontana dalla sua conclusione, e un’incertezza diffusa in ogni settore. Dopo un sentimento di sbronza costante nell’estate delle possibilità, lo strascico del post-covid ci ha risvegliati in un autunno pieno di aumenti dei prezzi già effettivi o dichiarati. Lo sgomento del consumatore finale è, però, solo il primo, più avvertibile, dei problemi e delle immagini di un sistema che invece si ritrova a dover fare i conti con i propri limiti.

La birra, così come il pane e la pasta, si ritrova immersa in un momento di sconforto e di difficoltà su cui è ancora quasi impossibile avere dati precisi. La produzione agricola e quindi orzo, avena e tutte le materie prime provenienti dell’agricoltura, provengono da un biennio stravolto e complicato dalla perdita o riduzione drammatica dei raccolti a causa del cambiamento climatico che ha limitato profondamente la produttività facendo alzare, contemporaneamente, i prezzi sia dal punto di vista dei costi vivi di produzione che di vendita. Non va meglio nel comparto italiano che, come riportano i dati di CAI, ha mostrato un aumento di prezzo (+25%) in un’annata caratterizzata da produzione inferiore allo scorso anno (-10%).  A questo si aggiunge anche l’aumento dei costi nei fertilizzanti, delle importazioni e dei trasporti che complicano non poco il percorso produttivo della birra.

Quello delle materie prime è solo il primo, forse il più urgente, dei problemi che l’anno nuovo porterà con sé ma è la punta di un iceberg molto più profondo e complicato. Abbiamo provato a parlarne con le aziende che qui in Italia si occupano dell’importazione, distribuzione e vendita delle materie prime  per la birra, così da avere un’idea più chiara su quello che sta accadendo. La maggior parte dei player del mercato italiano (siano produttori o distributori), però, ha deciso di non rispondere alle nostre domande, non sentendosela di esporsi in prima persona in questa situazione complessa e con variabili non ancora del tutto chiare. Siamo riusciti a parlare con Soci’s che ci conferma come per il 2022 siano previsti rialzi anche del +30% per quanto riguarda il malto, mentre, ci racconta sempre Paolo de Martin di Soci’s,: «Nel caso del malto, gli aumenti vengono giustificati dal pessimo raccolto e dall’enorme aumento dei costi energetici. Luppolo e lievito non hanno mediamente subito variazioni rispetto agli anni scorsi». Aumenti confermati anche da Fabio de Filippi, di Uberti Srl, realtà veneziana che importa malti e prodotti Weyermann: «L’orzo distico è aumentato come tutti i cereali così come l’energia. Crediamo sarà inevitabile che vi saranno aumenti del malto, sulla loro percentuale ancora è impossibile definirla. Noi nel frattempo continueremo su indicazione della nostra Casa Weyermann ® GmbH ad utilizzare il listino del 2021».

A pesare, come ci confermano i distributori e alcuni birrifici che abbiamo contattato, sono soprattutto l’aumento spropositato dei costi energetici, dei dazi e dei trasporti che, inevitabilmente, complicheranno non poco l’aspetto produttivo e il prezzo al consumatore finale. In poco meno di sei mesi infatti gas, energia elettrica, carbone e benzina hanno registrato aumenti colossali, a volte anche a tre cifre percentuali. Come riporta la Confartigianato in una sua simulazione, rispetto al 2021 un’azienda che utilizza annualmente 2,5 milioni di kWh avrà un aumento della spesa della materia prima energetica del +205%, passando da 186.257 euro a 566.398 euro. È chiaro, quindi, che il panorama che va a disegnarsi non sia dei più rosei.

L’aumento di queste materie prime proviene da un domino inaugurato dal blocco totale causato dal Covid a livello globale nel 2020, seguito poi da un inverno particolarmente rigido che ha svuotato gli stock di gas, e dalla ripresa spropositata non appena la morsa della pandemia ha allentato le maglie causando un aumento di domanda di ogni tipo di materiale. Per la birra questo significa materie prime come alluminio, bottiglie, tappi ma anche strumenti di produzione ed etichette, polikeg, keg, cartoni e bancali.

I birrifici con cui ci siamo confrontati hanno evidenziato tutti questo tipo di preoccupazione. La riduzione delle riserve di alluminio porterà a un aumento dei prezzi generalizzato, trainato da una corsa all’approvvigionamento sfrenato in tutto il mondo (un problema che negli USA si è già abbattuto drammaticamente) che ha segnato aumenti anche del +60%, a cui va aggiunto anche il peso e la spesa per guidare la transizione ecologica che mira a ridurre le emissioni delle produzioni industriali. Si parla di conti intorno al +20% per polikeg, +10% per keg, +5% per lattine e bottiglie con previsioni tendenti al ribasso.

Quello che ci aspetta sarà un periodo di magra e di sobrietà? Possibile. Raccogliendo le dichiarazioni e creando una media ponderata fra i birrifici contattati, si parla, per il consumatore finale, di aumenti di prezzo tra il 3% e il 5% a oggi, contando sul fatto che, ancora, non esistono dichiarazioni o dati resi disponibili sulle previsioni del 2022.