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Come funziona e come vengono scelte le birre della Guida alle Birre d’Italia di Slow Food

Credo che anche oggi le guide continuino a essere uno strumento fondamentale perché sono l’unica forma organica di consiglio indirizzato che viene dato all’utente. Le guide hanno senso perché organicamente sono in grado più di altri strumenti di raccogliere tutto in un’unica soluzione. In questo è fondamentale dichiarare in maniera esplicita che cosa raccontano, quale è la visione che ne ha guidato la scrittura e che il lettore ne sia consapevole. Nel caso di Guida alle Birre d’Italia quello che vogliamo raccontare è la capacità di una guida nell’essere uno strumento in grado di scattare una fotografia di ciò che sta accadendo, di vedere come questo si è evoluto e si evolverà nel tempo, quali saranno le principali differenze. Possibilità che la guida, più di altri strumenti, è in grado di raccontare per sua natura.

A raccontarmelo al telefono è Eugenio Signoroni che, insieme a Luca Giaccone, cura la Guida alle Birre d’Italia Slow Food (qui), giunta nel 2023 alla sua ottava edizione. Abbiamo appena iniziato a ragionare sul concetto di guida, di cosa significhi pensarla, raccoglierla, scriverla e pubblicarla e, più di tutti, quale sia il suo valore e che cosa cerca di raccontare. ‘Organico’ è un termine che ricorre spesso nelle risposte di Eugenio, inteso probabilmente sia per via della profonda natura analogica – tanto nella costruzione che nel suo utilizzo – di una guida sia per la sua capacità di inserirsi in un racconto collettivo, una sorta di annales ludici, golosi, appassionati che, messi uno dopo l’altro, sono capaci di raccontare l’evoluzione (o, almeno, scriverne una traccia) del gusto in un contesto più ampio nel tempo: «Quello che la Guida alle Birre d’Italia, e le guide in generale, possono soffrire, magari, nei confronti dei concorsi è sicuramente il fatto di non poter raccontare costantemente le novità ma, credo, questo non sia mai stato il nostro compito. Quello che ci impegniamo a fare ogni due anni è portare avanti una storia che possa dare uno sguardo preciso e guidare in un determinato modo il lettore, di segnalargli quello che secondo la nostra idea merita di essere scoperto».

 

guida birre italia 2023

Nella foto: Lady Rosé + Golden Hour by Apple Blood 

Di storia e di storie io ed Eugenio parliamo abbondantemente ed è inevitabile che sia così. Entrato come tirocinante da Slow Food Editore nel 2008, si ritrova subito nei lavori per la pubblicazione della prima Guida alle Birre d’Italia, quell’anno curata da Luca Giaccone insieme a Dioniso Castello, vivendo in prima persona le più recenti evoluzioni del movimento artigianale: «Luca e Dionisio ebbero l’intuizione quell’anno di capire che i tempi erano maturi per raccontare la birra artigianale italiana che, piano piano, stava uscendo definitivamente dalla nicchia. Questo passaggio fu favorito dall’attenzione storica che Slow Food ha sempre coltivato nei confronti della birra, riassumibile – credo – in due principali avvenimenti: uno di questi fu il Salone del Gusto del 2000, quando il primo nucleo storico di birrifici artigianali si presentò per la prima volta nonostante fossero giovanissimi, seguito poi da quello del 2002 in cui nello stesso luogo ci fu, di fatto, il battesimo del movimento, in cui lo stand della Brewers Association portò per la prima volta un gruppo di birrai americani, fra cui Charlie Papazian e Garrett Oliver, insieme a stili e produzioni che in Italia ancora non esistevano. Fa un po’ tenerezza pensare che nella prima edizione ci fossero 127 birrifici, ma fa capire anche quanti passi sono stati fatti negli anni, come si sono evolute le nostre scelte. Al tempo non c’erano ancora le chiocciole, che sarebbero state introdotte con la terza edizione, continuando però a fare una selezione che, in quel preciso momento, raccoglieva praticamente tutti i birrifici artigianali».

Dalla prima edizione di 127 birrifici si è arrivati a quella del 2023 che oggi ne conta 456, con più di duemila birre recensite e l’aggiunta per la prima volta di 34 produttori di sidro e dei locali, degli shop e dei pub in cui bere e scoprire la birra artigianale. Un cammino che mostra l’espansione del movimento ma, anche, la sua trasformazione in prodotto culturale, un’evoluzione che ha convinto a modificare anche  l’approccio di Eugenio e Luca nell’impostare la guida: «Quattro anni fa ci siamo resi conto che era il momento di alzare un po’ l’asticella, perché il movimento era ormai autonomo e maturo abbastanza per andare a cercare quello che effettivamente si stava sviluppando in maniera eccellente e che, quindi, potessimo passare a valutare non solo la proposta, ma la capacità di durare nel tempo e di rinnovarsi. Questo inevitabilmente ha comportato non solo il premiare ma anche lo scegliere e il decidere di escludere realtà che, ad esempio, c’erano da tempo ma che non ci sembrava più percorressero questa strada».

Una selezione prevede, inevitabilmente, una scelta e, nel caso della Guida alle birre d’Italia, questa non può che essere filtrata dalla visione in seno a Slow Food e i suoi valori (produzione slow, local, rispettosa dell’ambiente..) nati con la pubblicazione del manifesto incendiario del 1987, elementi che hanno contribuito a cambiare l’approccio e la comprensione del cibo come lo conosciamo oggi. Sotto questa luce la guida sviluppa il proprio carattere e la propria linea interpretativa, di selezione e confronto, che premia o – inevitabilmente – decide di escludere.

La guida non è obiettiva, è figlia di una soggettività condivisa, è inevitabilmente influenzata dal filtro attraverso cui guardiamo e vogliamo raccontare le cose. Per questo non può e non potrà mai essere una valutazione oggettiva. Prendiamo le decisioni collettivamente, allargando a un gruppo maggiore per limitare quanto più possibile la soggettività ma, questo, comunque, comporta sempre e inevitabilmente una visione filtrata e particolare che compone la nostra idea e la struttura. Raccontare la birra, creargli un contesto e valutarla secondo la linea interpretativa che vogliamo dare alla guida è il nostro obiettivo primario.

 

Nella foto: Seattle IPA by The Lure

Ma come avviene il processo di selezione? Chi sono, in fondo, le persone che raccolgono i birrifici, che decidono di fatto cosa premiare e cosa no, quali sono le basi con cui Slow Food imposta la guida? Come mi racconta Eugenio i passaggi sono numerosi e prevedono inizialmente una riflessione fra lui e Luca, un momento necessario per definire i termini in cui la nuova edizione vuole muoversi. Queste linee guida vengono poi passate ai gruppi di lavoro regionali che sono composti da soci Slow Food attivi e con una predilezione e una passione per la birra, «Appassionati», spiega Eugenio, «che non siano solo esperti degustatori ma che abbiamo anche una visione più ampia e siano in grado di raccogliere le nostre indicazioni». I gruppi regionali quindi stilano una lista di candidati, basandosi sulle loro ricerche durante l’anno, che poi sottopongono a Eugenio e Luca. Da lì parte il vero e proprio percorso di degustazione e scoperta, con la proposizione dei birrifici, dei premi e delle schede sulle birre che compongono la Guida finale. A quel punto nuovo passaggio collettivo e selezione finale, in cui vengono assegnate eccellenze e chiocciole, i premi più importanti all’interno dell’universo Slow Food, oltre alle etichette imperdibili (suddivisi in una serie di categorie che vanno da iconiche a quotidiane, da spiaggia fino a occasioni speciali) e i locali eccellenti.

La guida non si risolve nei suoi premi, ne sono una parte necessaria, perché sono un filtro ulteriore a quello che facciamo. Le chiocciole non sono una automatica incoronazione che indica i birrifici migliori d’Italia, questi infatti sono tutti quelli che hanno uno dei due riconoscimenti (chiocciola o eccellenza), ma per noi la chiocciola viene assegnata ai birrifici che per la loro storia, il loro impegno sul territorio, per la loro capacità di fare cultura, per la loro identità, si sono distinti rispetto ad altri, elementi valoriali che li portano a essere più rappresentativi di quello che, secondo noi, oggi rappresenta la nostra idea di scena italiana.

 

guida birre italia 2023

Nella foto: Beers by Godog

Per Eugenio uno degli aspetti determinanti della guida deve essere fornire non solo una somma di luoghi e prodotti, ma cominciare a sviluppare sotto una luce diversa il contesto birra come prodotto quotidiano, della capacità – quindi – di entrare nelle case in quanto prodotto di eccellenza, sia proveniente da un microbirrificio, da un beerfirm o una produzione storica fino, se meritevole, anche di tipo industriale (quest’anno rappresentato solo da Padavena). In questo senso va vista la scelta, preponderante verso il racconto stili e tipi di birra più beverini e leggeri, rispetto ad altri di tipo muscolare e la decisione, da questa edizione, di fornire in ogni scheda una serie di parole chiave per guidare il consumatore nella bevuta. Non più, quindi, lunghe elucubrazioni su questa o quella particolarità, ma una narrazione unitaria e stabile in cui ognuno possa ritrovare quello che, in quel momento, può essere più adatta per lui: «Sappiamo che descrivere un prodotto come “dolce”, o “amaro” o “fruttato”» scrivono nell’introduzione alla Guida Luca ed Eugenio, «sia tagliare con l’accetta e non renda merito al difficile lavoro dei birrai, ma crediamo anche che si debbano trovare nuove modalità – il più possibile semplici e comprensibili a tutti – per tentare di andare oltre alle definizioni del tipo “DDH Neipa”, che non dicono davvero nulla ai non addetti ai lavori».

Scegliere dei termini chiave che siano chiari permette al lettore di sapere se quella birra può piacergli o meno, almeno come primo approccio. È sempre un fatto di scoperta che abbiamo voluto raccogliere e cercare di promuovere

La Guida alle Birre d’Italia 2023, Slow Food Editore la trovate qui

Le birre e i sidri in foto sono alcune dei prodotti selezionati all’interno della Guida alle Birre d’Italia 2023, rispettivamente di Apple Blood, The Lure, Godog.

Foto di Ginevra Romagnoli x Beeer Mag, 2022 ©

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