Lily Waite è una giornalista e un’artista transgender inglese fra le più rispettate e influenti della birra artigianale. Premiata come Beer Writer of the Year appena un anno fa dalla British Guild, nel 2019 ha fondato Queer Brewing Project per dare voce alla comunità LGBTQ+ all’interno e oltre il mondo craft, difenderne i diritti e introdurre un discorso su parità e inclusione in luoghi spesso ostili o privi di una discussione attorno questi argomenti, oltre a raccogliere fondi per enti di beneficenza LGBTQ+.
Per realizzare questo progetto Lily Waite non ha fondato un birrificio ma ha creato una rete di collaborazioni diffuse che partono con Dinosaurs Will Die, la prima birra preparata per la Manchester Beer Week insieme a Marble Brewery. In poco tempo Lily Waite ha cominciato a girare gli UK, l’Europa e gli Stati Uniti (raccontati in particolare su Pellicle), coinvolgendo oltre 20 birrifici fra cui Cloudwater, New Belgium, Our Mutual Friend, Amager Bryghus e Salt Beer Factory e arrivando a creare una linea di tre birre (Tiny, Existence as a Radical Act e Tiny Dots) in vendita sul sito.
Quando parliamo, Lily Waite ci racconta i motivi che l’hanno spinta ad agire dopo anni a domandarsi come fare, passando dalla scrittura all’azione e del percorso necessario per dare visibilità e giusto riconoscimento al mondo LGBTQ+ nella birra e non solo:
Ho lavorato nella birra per circa 5 anni ricoprendo diversi ruoli dalla barista alla gestione di un beer shop, dai social media e poi alla scrittura. Ho iniziato a scrivere di birra per il mio blog Craft Queer mentre lavoravo in negozio, concentrandomi sulla diversità e l’inclusione e le intersezioni di queerness e transness con l’industria della birra. Dopo un po’ mi sono stancata di tante discussioni su cosa si poteva fare per rendere il mondo della birra un posto migliore, più vario e inclusivo, senza agire. Volevo fare qualcosa che avesse un impatto tangibile, fornendo visibilità e rappresentanza e raccogliendo fondi per enti di beneficenza LGBTQ+. Queer Brewing Project è stato il risultato di quel desiderio.
Cultura della diversità e inclusione sono temi fondamentali soprattutto per una realtà come quella della birra artigianale che sta vivendo un velocissimo percorso di affermazione in termini culturali. Il ragionamento intorno a questi temi, soprattutto in relazione a quanto accaduto negli Stati Uniti, mostrano la necessità di ridefinire i propri paradigmi per creare una realtà sempre più inclusiva che si faccia carico di aspetti sociali e di un percorso di emancipazione. Questo discorso, e Lily più volte lo sottolinea, non si riferisce solo al suo interno ma alla società per intero, che si possa creare non solo una alternativa in termini di prodotto ma garantire opportunità, uguaglianza e accessibilità per tutti, segnando un punto di svolta e tracciare un percorso dove questo non avviene.
Le prime reazioni sono state fantastiche: così tante persone sono state di supporto e si sono entusiasmate per quello che stavo facendo, in qualche modo perché ha dato loro qualcosa con cui radunarsi e da supportare. Molte persone vogliono che il settore migliori e sia uno spazio migliore, ma non sono sicure su come fare. Queer Brewing, tra gli altri progetti, funge da parafulmine e dà alle persone qualcosa da cui partire. Anche per le persone LGBTQ+ nella birra è stato come un sollievo, forse, avere un marchio che le rappresentasse o in cui potessero rivedersi.
Non è una questione di ‘birra’, non solamente almeno. Certo è tramite la produzione e la vendita che Queer Brewing crea un risultato in termini di awareness ed empowerment, un mezzo con cui si supportano le realtà e i progetti benefici ma Lily sottolinea come questo non sia un progetto specchietto che si limiti a dare una riconoscibilità alle persone LGBTQ+. Anzi, per alcuni aspetti, Queer Brewing vuole agire al contrario, stabilire un esempio partendo dalle collaborazione coi birrifici, fargli prendere una parte ben precisa e contrastare le sempre più diffuse pratiche di slacktivism, una tendenza sempre più diffusa fra i brand nell’utilizzare lotte sociali e di emancipazione per pulirsi la coscienza o, semplicemente, vendere di più: « Non penso necessariamente che la rappresentazione nei prodotti sia la cosa più importante: non è certamente l’obiettivo finale e concentrarsi esclusivamente su questo è un errore, alimentato dal neoliberismo e dal capitalismo. Detesto quando i grandi marchi o le aziende mettono una bandiera del Pride su un prodotto solo a giugno, e non penso che un marchio che vende carta igienica alle persone trans, per dire, mi rappresenterebbe più di quanto rappresenterebbe gli altri. Non vedo esattamente quello che facciamo come rappresentazione nei prodotti, tanto quanto lo vedo come rappresentare le persone queer e trans in quello che siamo. Il fatto che produciamo birra è secondario rispetto a questo: il marchio stesso riguarda chi siamo e cosa rappresentiamo, ed è quello in cui le persone si rivedono».
La rappresentazione è un processo complesso, certo, e segue una serie di livelli e passaggi che chi non appartiene a queste comunità non può effettivamente comprendere fino in fondo senza macchiarsi di inautenticità. Chiediamo quindi a Lily Waite in quale spazio Queer Brewing vuole agire, in che modo si orienta in questa difficile questione della rappresentanza, quali sono i sentimenti che lo accompagnano e perché è importante esplicitare la propria appartenenza per tutta la comunità: «La rappresentazione consiste nel vedere te stesso in qualcosa e trovare orgoglio, forza o riconoscimento in questo. Vederti riflesso in qualcosa – una birra, una pubblicità di un’auto, un’organizzazione – funziona in molti modi: ti fa sentire meno solo, ti fa sentire parte di qualcosa di più grande di te stesso e ti fa sentire riconosciuto. Ecco perché il nostro marchio è così esplicitamente queer: mentre la maggior parte del nostro pubblico è cisgender o eterosessuale per la natura stessa dell’industria della birra, non stiamo parlando a persone cishet. Parliamo alle persone LGBTQ+ perché conosciamo il potere che tale visibilità e rappresentazione possono avere».
Come dicevamo il processo di riconoscibilità e di supporto non avviene solo da una parte e non può e non vuole, chiaramente, concludersi con un’azione di auto emancipazione. Il fatto che, ad oggi, Queer Brewing sia un progetto collaborativo dà un’indicazione più ampia sulla strada che Lily Waite vuole tracciare. Coinvolgere i birrifici è anche una modalità per portare questo cambiamento nei luoghi, nelle realtà e nelle persone al loro interno. Formare, cioè, una rete e una comunità che decide da che parte stare, che si applica in prima persona per produrre e affiancare questa rivoluzione per dargli supporto e ampliare le potenzialità del messaggio stesso:
È incredibilmente importante che questo lavoro non sia svolto solo da noi e da altre persone come noi. Troppo spesso il lavoro è lasciato a chi ha più bisogno del cambiamento; le persone emarginate hanno quasi sempre il compito di annullare e combattere la propria emarginazione. Sarebbe uno sforzo inutile se fossimo solo noi a fare quello che stiamo facendo, ecco perché è iniziato come un progetto di collaborazione, per coinvolgere altri, specialmente quelli senza team LGBTQ+ o membri dello staff. Ho iniziato contattando alcuni birrifici che conoscevo—lavorare come scrittrice e per una compagnia di festival significa conoscere (come si sente) la maggior parte del settore. Trovare partner di collaborazione non è stato difficile. Mi rivolgo ancora ai birrifici ma ugualmente loro si rivolgono a noi.
Queer Brewing e l’esistenza come atto radicale
Nelle parole di Lily e nelle azioni che contraddistinguono Queer Brewing c’è questo desiderio profondo di agire e fare la differenza, di sovvertire l’idea per cui tutto sia garantito perché garantito a una maggioranza prestabilita, che la questione della riconoscibilità non sia un tema importante e con connotazioni strettamente politiche e sociali. Quell’abitudine, in senso lato, a dare per scontato che un certo tipo di settori o realtà non abbiano bisogno di cambiare e rivedere le proprie posizioni. Existence as a Radical Act non è solo un nome di una birra ma è la volontà di definire e dichiarare un problema enorme di esclusione in cui l’esistenza stessa diventa un’arma che deve portare alla rottura di certe abitudini. Ci riferiamo soprattutto a quell’idea diffusa secondo cui certi argomenti non vadano trattati perché – in fondo – si tratta solo di birra, o perché un prodotto debba per prima cosa essere buono e non essere anche portatore di un messaggio di positività. Sono questi, fra i tanti, i muri che ostacolano continuamente l’inclusività e la possibilità di vedere il progresso avvenire. Con Lily parliamo proprio di questo, del senso e della valenza politica connaturata alle scelte che compiamo a bancone come nella vita di tutti i giorni:
L’idea che la politica non appartenga alla birra non ha senso. Tutto è politico: da dove compri il cibo ai tuoi rapporti con i tuoi amici e la tua famiglia. La scelta di bere birra artigianale al posto di Peroni o Budweiser è una decisione politica. Dire che dovremmo concentrarci solo sulla produzione trascura gli individui coinvolti nella produzione ed è un punto di vista arrogante e riduttivo.
Una svolta importante per Queer Brewing è stata sicuramente l’arrivo sugli scaffali di Tesco, arrivata poche settimane fa grazie a Cloudwater (che rende possibile anche la produzione delle 3 birre di Queer Brewing) con il 4-box di Beer with Big Ideas, un’iniziativa che vuole dare visibilità e promuovere i progetti e i birrifici guidati da minoranze e comunità spesso considerate o ritenute invisibili soprattutto dai grandi consumatori. Un momento rivoluzionario sotto molti punti di vista che introduce quel discorso di responsabilità e riconoscibilità di cui parlavamo prima, oltre a dare al progetto di Lily un impulso fondamentale per il suo futuro:
Che la nostra birra sia ora nel più grande supermercato del paese è una cosa importante. Per quanto ne sappiamo, questa è la prima volta che la parola “queer” compare sugli scaffali dei supermercati e il potenziale di visibilità e rappresentanza è enorme. Tutti i profitti del pacchetto di collaborazione andranno ai quattro birrifici che collaborano: un birrificio di proprietà queer, due di proprietà di persone di colore e un marchio senza alcol di proprietà indiana, e questo avrà un enorme impatto sul futuro delle nostre attività. Questo potrebbe, se le cose vanno bene, permetterci di creare il nostro birrificio in pochi anni, cosa che sarebbe stata impossibile senza questo passaggio.
Andare oltre le parole
In From Both Side, che Lily Waite pubblica nel 2018 su Good Beer Hunting raccontando la propria esperienza di transizione, dei cambiamenti e delle differenze che sono avvenute nel momento del passaggio di genere («Da quando ho vissuto “come una donna”, la differenza nel modo in cui sono stata trattata è stata enormemente evidente. Quando venivo letta come maschio, le mie opinioni valevano più di quelle delle mie colleghe. Si fidavano di più, mi è stato dato più rispetto e raramente mi contraddicevano. Mentre ero in una posizione in cui ero acutamente consapevole del mio privilegio maschile, gli altri non lo sono. Credo che il privilegio sia uno dei punti di partenza da cui iniziare a combattere il sessismo (tra una miriade di altre questioni sociali)»), emergono già i problemi di cui parliamo oggi. Quando ne discutiamo insieme Lily è chiara nel dire che, nonostante questo articolo fosse percepito come un vero e proprio atto di accusa, venendo rimbalzato e finendo al centro delle discussioni, dopo un primo clamore e le promesse di cambiamento tutto si sia arrestato.
È un’amara constatazione che, fortunatamente, non ha fermato Lily ma che ha allontanato tante persone e tante risorse dal mondo della birra. Un fatto che riporterà in Buckled Knuckles, una sorta di seguito ideale in cui Lily valuta come i cambiamenti promessi e caldeggiati non siano mai effettivamente avvenuti: «Tristemente poco è cambiato da quando ho scritto “Both Sides”. All’epoca, numerose persone sostenevano che avrebbe “cambiato il settore”. Ma quando scrivo periodicamente versioni diverse dello stesso articolo sull’essere queer nella birra, le risposte che ottengo da persone queer e trans sui nostri ruoli ed esperienze in questo settore sono cambiate poco da quelle prime interviste che ho condotto nel 2017. Ci sono ancora pochi di noi, c’è ancora troppo poca rappresentanza, c’è ancora troppo poca formazione, istruzione o sostegno. Le stesse conversazioni vengono ancora tenute sui “pannelli della diversità” dalle stesse poche facce. E così, a disagio, eccomi qui. Ancora. Ancora.».
È un indice importante, un termometro sentimentale che mostra come proprio quella esistenza come atto radicale valga ancora una volta di più e di quanto sia dura combattere per ricevere l’attenzione di cui si ha diritto in quanto esseri umani. È una dimostrazione dell’importanza di Queer Brewing e di come questa battaglia non si riferisca solo a una parte ma abbia tutta la volontà di costruire una comunità allargata. Mettere in discussione quindi il generale dominio non per eliminare quello che è stato costruito ma per renderlo più aperto, più positivo, più vivo. La birra, come lei stessa ci racconta, non cambierà il mondo ma non per questo significa che debba escludersi da questo tipo di ragionamenti o che non possa portare effettivamente un supporto:
Non ho creduto per un secondo che la birra sarà ciò che darà il via a questo cambiamento, o che cambierà il mondo da sola, ma ha assolutamente il potenziale per essere parte di quel cambiamento. È molto significiativo che From Both Sides abbia fatto ripensare a tutti l’azione e la questione dell’inclusività, ma penso che la realtà sia molto diversa, proprio perché non è cambiato molto. In effetti, ho scritto un seguito a quell’articolo l’anno scorso su Good Beer Hunting chiamato Buckled Knuckles, in cui ho discusso di quanto poco sia cambiato. Penso che ci sia un gran numero di persone che lottano per il cambiamento, più che nel 2018 quando ho scritto il primo pezzo, ma la maggior parte delle persone rimane apatica, o più caritatevolmente, almeno incerta su come aiutare. Rimane una vasta percentuale dell’industria che è soddisfatta di come stanno le cose, perché si adatta a chi sono come persone, prevalentemente cisgender, uomini bianchi eterosessuali. A volte è difficile vedere come cambierà il settore. A volte sembra più positivo.
La diversità è una componente basilare nella produzione della birra artigianale sin dalle sue origini. Si parla di diversità come arricchimento a partire dagli ingredienti, dalle zone in cui viene prodotta, dalle idee e dalle esperienze che caratterizzano i processi creativi fino alle sensazioni che scatena in chi la beve. Proprio nella diversità stano le voci e la ricchezza della birra artigianale e renderla più accessibile, più equa e inclusiva sono punti fondamentali per proseguire nella sua evoluzione.
Lily Waite e Queer Brewing rappresentano in questo processo un elemento fondamentale che, da solo, non potrà chiudere il discorso. È sempre più necessario ritrovarsi in questi ambiti e in queste discussioni, produrre un messaggio positivo non per una questione di visibilità ma per contrastare le barriere di silenzio. È nei momenti in cui queste esigenze non sembrano esistere che si annida la discriminazione, involontaria o passiva. È in questi spazi che si producono questi cambiamenti così necessari. Anche qui, proprio nel nostro paese, dove la questione di genere, di emancipazione e tutela della diversità sembra un argomento tabù, osteggiato dalle parti più buie della politica che mirano ad affossare un primo passo come il DDL Zan e che posizionano l’Italia, secondo l’ultima analisi di ILGA Europe , al trentaduesimo posto nella tutela, integrazione e inclusività delle persone LGBTQ+ in Europa, che si apre lo scenario per il cambiamento.
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