homebrewing rebel's brewery officine birrai opperbacco
Beeer Mag. © 2021

Dall’homebrewing al birrificio, le storie di Opperbacco, Officine Birrai e Rebel’s Brewery

Nella carriera di ogni birraio, che ne abbia fatto un lavoro o ne coltivi la passione in garage, tutto ha un collegamento con l’homebrewing e un particolare kit che ha dato il via a tutto. Che nasca con dei regali, con la scoperta tramite un amico o passi per una tradizione di famiglia, sui kit per creare la birra in casa è scritta gran parte della storia della birra artigianale di tutto il mondo. Sapere da dove partire è, come spesso accade, fondamentale ma non scontato. Non è sempre il migliore kit o quello più quotato ma è una serie di fattori, di idee ed esperimenti che contribuiscono a creare la magia.

La produzione di birra è un fatto personale e, come tutti i fatti personali, è il risultato di esperienze, influenze e territori diversi. Abbiamo chiesto quindi a Luigi Recchiuti di Opperbacco, Pasquale Ursi di Officine Birrai e Andrea Martorano di Rebel’s Brewery di raccontarci le loro avventure e i passaggi che, dall’homebrewing, li hanno portati a rendere la produzione di birra un mestiere e un modo per esprimere le loro idee e i loro gusti, con qualche consiglio sui primi passi da fare per orientarsi fra kit per l’homebrewing, libri e strumenti del mestiere.

ANDREA MARTORANO – REBEL’S BREWERY

homebrewing rebel's brewery

 

Quando si parla di nuova wave della birra artigianale italiana si parla della nuova generazione di birrai che sta trasformando il mondo artigianale nel nostro paese, dandogli declinazioni e interpretazioni mai viste prima. Rebel’s Brewery fa saldamente parte della scena romana da qualche anno, giocando di brutto su luppoli e rivisitazioni dei grandi classici con uno stile particolare e parecchio intenso. I Rebel’s sono  Andrea Martorano, Riccardo Di Profio, Andrea Casini e Raffaele Lucadamo che, con lunghe amicizie alle spalle in quel di Roma Sud, decidono di passare dalle birre in garage a fare sul serio. L’homebrewing anche per loro è un percorso determinante che non forma solo la tecnica ma determina il gusto e i passi futuri del birrificio.

Scopri le loro birre qui

Partiamo dal principio, come nasce la vostra storia? 

Il tutto è nato nel 2011 dalla passione per la birra artigianale, principalmente come consumatori in fase iniziale e dalla voglia di realizzare un qualcosa insieme. L’avvicinamento all’hombrewing è stato ovviamente graduale e a step, non avendo altre persone intorno che avevano già esperienza, siamo partiti dal classico kit per passare all’all grain affinando sempre di più i processi produttivi, anche se su piccola scala. Si è partiti quindi dalle prime 3-4 cotte con kit, senza un chiller per il raffreddamento del mosto e senza avere dei controlli sulle temperature di fermentazione, per arrivare invece ad avere camere predisposte alla fermentazione e lager e attrezzature sempre più ‘sofisticate’, completamente in acciaio inox ma in gran parte autoprodotte.

Come sono andati i primi tentativi e quando, invece, siete riuscito a ottenere esattamente la birra che volevate? 

I primi tentativi ovviamente non si possono definire neanche birra! Dopo le prime prove però è scattato qualcosa in noi nel voler conoscere e studiare meglio cosa c’era dietro ogni passaggio, in quel mondo fantastico fatto di fermentazioni e equilibri tra i vari ingredienti. Direi che siano stati tre i fattori determinanti per raggiungere il nostro obiettivo:

1) studiare, studiare, studiare, su libri di riferimento internazionali, su blog di settore americani, dai siti web della American Brewers Association e da riviste di settore.

2) testare con metodo “scientifico”: per arrivare a comprendere bene l’importanza e l’impatto di alcuni passaggi nel processo produttivo inizialmente abbiamo scelto di riprodurre diverse volte la stessa tipologia di birra cambiando però ogni volta solo un fattore (grist base, temp di mash, dryhopp rate, tipologia o temperatura di lavorazione del lievito) e avendo delle schede di produzione e fermentazione per ogni “lotto”.

3) confrontarsi con chi conosceva già il mondo artigianale: abbiamo sempre portato le nostre produzioni a far assaggiare ai publican del nostro territorio (Luca aka “ Il Cammello” di Domus Birrae in primis, Mirko Carretta di Buskers Pub, Alex Liberati della Brasserie 420) che in verità erano produttori anche loro, i loro punti di vista e critiche ci hanno sempre stimolato a migliorare e volerne sapere di più. Inoltre i viaggi fuori dall’Italia ci hanno permesso di vedere tante realtà e mercati più maturi : Londra in primis nel 2011/2012 ci ha fatto scoprire le prime vere IPA moderne e i birrai si sono sempre dimostrati disponibili a condividere con noi molte informazioni.

Cosa vi ha convinto a passare dall’homebrewing a un progetto strutturato in birrificio?

Sicuramente la voglia di realizzare un progetto nuovo e fare impresa. Siamo convinti che non basti avere “la passione della birra” per aprire un birrificio, ci sono molte dinamiche fondamentali da tenere conto oltre l’aspetto produttivo che è ovviamente centrale ma da solo non permette di realizzare un’azienda sana e sostenibile. La fortuna di essere in 4 ci ha permesso di curare diversi aspetti ( produzione, vendite, marketing, ricerca e sviluppo) ed avere una visione comune su cosa volevamo realizzare. Inoltre a spingerci sono stati anche i feedback positivi ricevuti da publican o amici bevitori che vedevano nelle nostre birre potenzialità di crescita.

Come l’homebrewing ha influenzato il vostro modo di produrre birra? E cosa credi abbia dato in più alle vostre produzioni?

Sicuramente l’approccio da HB ha influenzato il nostro modo di produrre, principalmente per l’aspetto di ricerca e scoperta personale: non abbiamo mai realizzato una birra seguendo solo lo stile di riferimento come magari alcuni che provengono da una formazione classica ed istituzionale farebbero. Questo si riflette sulle produzioni, sul numero di ricette realizzate dal giorno 0 in birrificio e soprattutto, dalla continua voglia di sperimentare nuove tecniche, prodotti e ricette, avendo una visione della birra in evoluzione e non come un qualcosa da mantenere sempre uguale nel tempo. Basti pensare alle IPA che venivano prodotte 5/6 anni fa (dammi la più amara) rispetto a quelle che vengono prodotte oggi (importanza dell’aroma e delle note fruttate)!

Cosa consiglieresti, vista anche la tua esperienza, a chi si approccia per la prima volta all’homebrewing? 

Sicuramente per la prima volta consiglierei di acquistare un kit del proprio stile preferito e che si conosce bene, direi di evitare le basse fermentazioni e inizialmente di seguire in maniera maniacale il “sanifica, sanifica, sanifica”. Ovviamente poi il passaggio all’all grain è fondamentale se si vogliono iniziare a realizzare ricette proprie ed avere il controllo quasi totale del processo produttivo. Per gli amanti delle luppolate sicuramente consiglierei di investire in un attrezzature per lavorare in isobarico o contropressione e in strumenti per diminuire i contatti con l’ossigeno il più possibile. Libri: tutta la collezione water, yeast , hops, malt di Brewers Publications per entrare nel dettaglio dei quattro elementi fondamentali per produrre una birra e capire a livello biochimico come interagiscono tra loro. Libri più recenti ( 2020 mi sembra) The New IPA di Scott Janish per il suo approccio sperimentale e in evoluzione sul mondo luppolato, portando tanti esempi di birrai americani. Infine, seguire il più possibile i magazine di settore come Craft beer & brewing per rimanere sempre aggiornati su come evolve il mercato, i prodotti e birrifici nel mondo!

LUIGI RECCHIUTI – OPPERBACCO

homebrewing Opperbacco

Ci sono molte ragioni per cui un aspirante homebrewer dovrebbe guardare all’esperienza di Opperbacco con un occhio di riguardo. Il microbirrificio di Cesarino di Notaresco, in provincia di Teramo, nasce direttamente dalle mani di Luigi Recchiuti a inizio duemila e segue tutti i passi, e le fatiche, per affermarsi. Dal laboratorio casalingo al brewpub fino al birrificio, il rapporto con l’homebrewing è un filo conduttore in tutta la sua storia che, ancora oggi, vive con la linea Origine, il punto da cui tutto è partito e che firma la direzione anche delle nuove produzioni.

Scopri le birre di Opperbacco qui

Come nasce la tua storia con l’homebrewing?

Dopo la laurea a Bologna ho fatto per 5-6 anni l’agronomo ma non mi piaceva, non del tutto almeno, ero sempre stato convinto che per fare un lavoro bene ci volesse la passione. In quel momento mi guardavo intorno, volevo cambiare. Qualche anno prima del 2000 un amico di Notaresco mi parlò per la prima volta del mondo artigianale, di come alcuni piccoli birrifici avevano cominciato a produrre la propria birra. Questa cosa mi ha incuriosito e ho cominciato a a informarmi finché non ho trovato su Mr. Malt la guida di Bertinotti. Non avendo molto da investire ho cercato di costruirmi gli attrezzi con quello che avevo. Ci ho messo quasi un anno per avere tutto pronto, modificando una macchinetta per la pasta fresca per macinare il malto, con un chiodo rovente ho fatto il doppio filtro, c’è voluto tempo. Ma quando ho bevuto la prima birra è stata una sensazione che mi ha convinto che quello che stavo facendo poteva funzionare.

Come si è evoluto questo percorso, quali sono stati i risultati?

Ho cominciato facendo una birra a settimana, provando tutti i malti e i lieviti che trovavo, sperimentando con gli ingredienti e gli stili, soprattutto del Belgio. È stata la tecnica, più di tutto,  ad appassionarmi, l’approccio professionale e artigianale insieme. Aprire l’Agripub mi ha permesso di cominciare a regalare le birre che producevo con l’impianto da 150l ai clienti. Non l’ho mai venduta ma la regalavo così da poter avere un riscontro diretto. La prima importante fu una dubbel che avevo trovato combinando malti scuri e lieviti belgi. Ci fu poi una dunkel weiss, una blanche. Erano buone, con tutti i limiti di quei tempi.

Come l’homebrewing ha trasformato il tuo modo di creare la birra quando hai deciso di trasformarlo in un lavoro?

Triplipa, La Bianca, 4punto7, L’Una e la Dieci e lode sono nate tutte in casa. La Triplipa in questo senso ha dato una direzione nuova al mio progetto, facendosi conoscere come una delle prime birre a mescolare Belgio e UK.

Cosa consigli a chi vorrebbe partire con l’homebrewing?

Credo che il consiglio migliore sia quello di imparare tutto il possibile, partendo da come sono fatti gli strumenti, come funzionano e come utilizzarli. Partire da casa ti aiuta a entrare in questa ottica. In questi anni ho smontato di tutto, costruirmi il mulino tanto tempo fa mi ha permesso di iniziare un percorso di studio, di sapere cosa serve e capire come farlo. Questo ti aiuta a mantenerti aggiornato sulle tecniche, su come evolvono gli stili e riuscire ad adattarsi e scoprire cose nuove. L’homebrewing ti permette di sperimentare gli ingredienti e gli stili, trovare il tuo gusto e ad alimentarlo, capire anche come farlo funzionare anche in un’ottica futura.

PASQUALE URSI – OFFICINE BIRRAI

homebrewing Officine Birrai

L’homebrewing non educa solo il gusto è anche un’arte di trovare cioè soluzioni tempestive e insolite per far funzionare l’impianto, l’arte di arrangiarsi, di costruire a mano le proprie idee e raggiungere l’obiettivo. Ma è anche aggregazione e passione, di studio e attivismo. Un fattore determinante nel caso di Pasquale Ursi, homebrewer a Officine Birrai di Lecce.

Scopri le birre di Officine Birrai qui

Partiamo dal principio, come è nato tutto? Qual è stato il tuo avvicinamento all’homebrewing?

Il mio è un percorso un po’ atipico, ho una formazione universitaria di stampo umanistico, ho lavorato 10 anni come educatore però già durante il periodo universitario ho cominciato ad appassionarmi alla birra artigianale facendo il barista con le prime artigianali belghe che arrivavano in Puglia. Iscrivermi al corso di degustazione di Fermento mi ha avvicinato definitivamente a questo mondo, fino a conseguire la certificazione UBT. Il primo kit mi è arrivato come regalo (ride, NdR) e non è che i primi risultati siano venuti bene, anzi. Non mi sono demoralizzato e sono andato avanti a studiare per migliorare attrezzatura e produzione, sperimentando nella cantina di un amico in vecchio stile.

Cosa ti ha convinto a passare dall’homebrewing a un progetto strutturato in birrificio?

Col tempo ho cominciato a studiare e produrre sempre di più, imparando e conoscendo gli stili soprattutto quelli inglesi. Un terzo posto a un concorso di Eataly mi ha spinto a continuare ad approfondire gli studi, cercare, confrontarmi e viaggiare. La svolta è arrivata con la proposta della Cooperativa Ruah di Rutigliano, con cui abbiamo sviluppato l’idea di un piccolo birrificio in cui lavora persone diversamente abili. Dopo circa due anni di questa bellissima esperienza ho deciso di confrontarmi con realtà più grandi e strumenti più professionali entrando a Officine Birrai.

Come l’homebrewing ha influenzato il tuo modo di produrre birra?

L’ha influenzato molto e continua a farlo, mi ha permesso di sperimentare metodi alternativi, scegliere gli ingredienti, provare gli zuccheri e capire il funzionamento. L’homebrewing mi ha aiutato a comprendere gli stili e produrli anche in direzione di una bevuta più accessibile, facendo da ponte per la realizzazione di particolari ricette che penso ci caratterizzano come birrificio.

Cosa consiglieresti, vista anche la tua esperienza, a chi si approccia per la prima volta all’homebrewing? Quale kit consiglieresti?

Vista la mia esperienza diretta, come dicevo, il mio consiglio per chi non ha grandi disponibilità di spazio è di partire con un impianto all in one. Io sono partito con Grain Father che mi ha accompagnato fino a oggi e, insieme, a Brew Master, costano un po’ di più ma conviene, in alternativa per chi vuole spendere meno quelli di Brew Monk sono molto competitivi. L’importante è partire da un all-grain, che permette un risultato migliore e anche di mettere in pratica le proprie competenze. Studiare e approfondire rimane sempre importante!