ghisa birrificio lambarate birra artigianale italiana
Ginevra Romagnoli x Beeer Mag. 2022 ©

Lambrate, via Bamberga: la storia della Ghisa racconta da Fabio Brocca

Lambrate Adelchi è un luogo mistico. Regno di questi principi e monarchi che hanno contribuito, in un periodo non troppo lontano, a far partire e cambiare la scena delle birre artigianali in Italia. Attraversando il bancone, le spine sempre in funzione e tutta la marea di gente che ancora lo affolla, anche se non c’è più l’impianto a vista, è possibile riscoprire le sue tracce, a partire dalle birre storiche che continuano a risplendere nella tap list. La Ghisa, fra queste, è stata una delle prime a portare in Italia il gusto affumicato della Franconia e delle Rauch di Bamberga, per poi declinarle in una Stout che, negli anni, ha parlato sempre più la lingua del birrificio di Lambrate.

La genesi della Ghisa ripercorre un po’ la strada dei primi avventurieri, in cui trovare ricette, materie prime e strumenti è uno dei problemi principali, non essendoci un vero e proprio mercato – a partire dall’homebrewing e, figurarsi, per chi comincia a credere non solo nell’autoproduzione ma nella possibilità di creare direttamente un luogo e modi in cui consumarla: “Negli anni in cui abbiamo aperto”, ci spiega Fabio Brocca, mastro birraio e fondatore insieme a Giampaolo e Davide Sangiorgi del Birrificio Lambrate, “I pochi riferimenti che avevamo erano quelli della tradizione tedesca e belga. Andavamo spesso in Germania, sia per assaggiare la birra che per motivi diciamo tecnici a proposito di materie prime e impianti. Bamberga è sempre stata per noi un punto di riferimento e in quegli anni quando, appunto, non era facile trovare informazioni era necessario incontrare le persone, quasi porta a porta, e per comprendere e scoprire i passaggi produttivi in sostanza dovevi sbatterti. Siamo sempre stati proiettati su un modo di fare stili il più personalizzati possibile, diciamo freestyle, secondo la nostra interpretazione e, così, aver assaggiato le birre affumicate della Franconia, ci ha convinto a voler provare in quella direzione partendo, però, da una Stout. Negli anni, con la diffusione e l’allargamento del movimento artigianale, la maggiore facilità nel reperire gli ingredienti e il nostro miglioramento dal punto di vista delle conoscenze e degli strumenti l’abbiamo modificata e ammorbidita ma preservando la sua impronta tradizionale”.

 

Ci porta indietro a fine anni novanta, ci sembra un secolo fa perché adesso è tutto cambiato. Avevamo questo pub in mezzo al nulla di Lambrate che sembrava tutto un altro quartiere, le persone venivano come in pellegrinaggio all’Adelchi perché ancora non ci credevano che ci producessimo noi la birra finché non vedevano l’impianto.

 

La Ghisa diventa velocemente uno dei simboli, dei patroni forse, di questa piccola rivoluzione milanese. Stupisce, come lo facevano le altre, la folla che accorre nel locale lambratese per vedere con i propri occhi cosa sta accadendo, ma non li spaventa. Diventa un’esperienza di scoperta che non cuoce l’impasto su calderoni magici alla maniera di Bamberga ma cerca di recuperare il suo tratto affumicato attraverso una combinazione dei malti che, scovati con difficoltà, diventano la base per una Stout vecchio stile: “All’epoca anche la nostra conoscenza nel campo birraio era ovviamente limitata, per questo è stata una scommessa. Ha creato subito un suo giro, anche se all’epoca eravamo veramente in pochi e non c’era tutto questo interesse nella birra artigianale. Negli anni i cambiamenti sono stati tanti ed è una delle nostre birre storiche che, paradossalmente, adesso sono diventate di nicchia. Ci porta indietro a fine anni novanta, ci sembra un secolo fa perché adesso è tutto cambiato. Avevamo questo pub in mezzo al nulla di Lambrate che sembrava tutto un altro quartiere, le persone venivano come in pellegrinaggio all’Adelchi perché ancora non ci credevano che ci producessimo noi la birra finché non vedevano l’impianto. Il birrificio era ovviamente tanto diverso, all’epoca c’era solo Weyermann che ti dava la possibilità di creare cose particolari. Abbiamo iniziato allora a giocare con i malti torrefatti, a blendarli fra loro: il Munich, il CaraMonaco, fino a cercare la combinazione giusta. Insomma all’epoca è nato tutto così, abbiamo avuto anche il coraggio di credere che potesse creare un impatto sulla curiosità delle persone che, fortunatamente, hanno risposto bene”.

 

ghisa birrificio lambarate birra artigianale italiana

 

La leggenda Ghisa non si conclude, ovviamente, nell’onorato ventennale servizio ma si sviluppa con il tempo,  accostandosi al capitolo che riguarda anche la crescita del movimento, l’ampliamento delle tecniche e l’accesso agli ingredienti, che vengono raccolti da Lambrate per dare alla Ghisa una veste sempre più adatta nell’esaltare l’affumicato e la sua idea originaria, presentando anche il percorso del birrificio stesso, dal giorno zero – l’impianto a vista reperito chissà dove, le prime produzioni – fino al nuovo laboratorio sugli argini, ça va sans dire, del fiume Lambro : “All’inizio probabilmente era molto più grezza e ruvida da bere, nel tempo abbiamo voluto affinarla, siamo passati attraverso il Carafa II e il Carafa Special decotricato per ridurre l’astringenza, abbiamo iniziato ad aggiungere i fiocchi d’avena per esaltare la morbidezza rendendola sicuramente più beverina. Nella Ghisa è il malto a fare gran parte del lavoro, rispetto a luppoli e lieviti, è ancora oggi un nostro cavallo di battaglia anche perché avendola resa diciamo più facile – tra virgolette – da bere, senza snaturarla, viene apprezzata anche da chi difficilmente si approccia a questo stile. Anche se col tempo abbiamo virato più su altre ricette, vent’anni dopo è ancora qui. Ci permette anche di mantenere questo aspetto storico del birrificio. Riassaggiarla oggi è un tuffo nel passato ma è anche un modo per vedere dove ci ha portato la nostra strada. Mai avrei immaginato un giorno di arrivare dove siamo adesso, per come siamo partiti, per la qualità, gli impianti e la tecnologia che abbiamo raggiunto”.

Le evoluzioni di Ghisa e di tutte le altre birre rappresentano i passaggi attraversati da Lambrate e da tutto il movimento italiano, una graduale raccolta di esperienze produttive e umane, iniziate ben prima del 1996, con viaggi dentro e fuori l’Europa che hanno trasformato non solo il modo in cui produrre la birra ma il suo stesso valore nell’interpretarla e nel concepirla: “La prima volta che abbiamo assaggiato le IPA negli Stati Uniti ci siamo sentiti ancora più piccoli, non ci sembrava possibile raggiungere certi livelli poi, invece, entrando in contatto con i birrai abbiamo scoperto nuove cose, delle conoscenze che ti danno modo dal punto di vista di crescere e anche su come si lavora, ti dà spunti e amplia il ragionamento intorno alla birra artigianale e non solo. Insieme ai miei soci abbiamo creato questa azienda per viverci e fare business, certo, ma ancora oggi vado giù in birrificio per passione, mi dà ancora la spinta e la curiosità di migliorare, di stare sempre sul pezzo perché non ci fa sentire arrivati. È vero che questo è legato anche a come si migliora la tecnica, a come si è evoluta la tecnologia ma, ancora di più, girare il mondo per birrifici, scambiare opinioni con loro, mi permette di affinare il mio lavoro, di proseguire in un percorso degustativo che sento diventare sempre più pulito e preciso e mi serve molto in quello che faccio. Mi dà modo di crescere, di aver sempre qualcosa da mettere in più, parlare con altri birrai e assaggiare, è una cosa importantissima perché è uno scambio di idee, perché scopri sempre qualcosa di nuovo da portare nel tuo campo”.

Puoi acquistare la Ghisa di Birrificio Lambrate qui

Le birre artigianali che hanno fatto la storia del movimento italiano, raccontate dai loro creatori, le puoi stappare qui

 

L’immagine di copertina, le fotografie e i set sono a cura di Ginevra Romagnoli, che trovate qui

Riproduzione vietata senza consenso.

Seguici su Instagram