stille nacht de dolle kris herteeler
Lorenzo Pasquinelli x Beeer Mag 2021 ©

Kris Herteleer di De Dolle Brouwers ci racconta come è nata la leggenda della Stille Nacht

Quello che più definisce un sottobosco culturale, rispetto a una scena è, tendenzialmente, la sua capacità di creare leggende e miti in grado ogni volta di accendere gli animi dei suoi geek e ispirare generazioni di (beer) hunters che girano il mondo alla ricerca del gusto perfetto. Se, nel periodo Natalizio, chiedete a qualcuno di loro quale sia l’oggetto di questi vagabondaggi la risposta, nella maggior parte dei casi, sarà una: la Stille Nacht di De Dolle. Come in tutte le leggende anche in questa ci sono cavalieri che si avventurano in ricerche romantiche fatte di degustazioni verticali, e ci sono tavole rotonde sempre riempite di bottiglie e di bicchieri. Anche noi, quindi, ci siamo lanciati in questa impresa e, per farlo, siamo andati dove tutto è cominciato, facendoci raccontare da Kris Herteleer l’origine della Stille Nacht, la sua evoluzione e come questo abbia segnato per sempre la storia di De Dolle.

La nostra storia comincia a Esen, un paesino nel cuore delle Fiandre dove i due birrai matti (Kris e Jo) passano dalle corse in bicicletta (De Dolle è infatti il nome del team di ciclismo di cui fanno parte) e dagli esperimenti di homebrewing a fondare uno dei primi microbirrifici che avrebbe inaugurato la new wave artigianale del Belgio. All’inizio degli anni ’80, quindi prima di Chouffe e Abbaye des Rocs, gli Herteeler acquistano il birrificio cittadino di Costenoble, fondato nel 1835 e ormai in disuso. Uno spazio enorme, pieno dei vecchi strumenti che ancora oggi sono al loro posto e contribuiscono a rendere il De Dolle una beermecca che riceve turisti da tutto il mondo.

Le idee di Kris e Jo sono chiare, riportare la birra ‘originale’ del Belgio allo splendore che merita e rispondere all’ondata di Pilsner che ne aveva quasi decretato la scomparsa. Da questa idea nasce la Oerbier, la prima birra prodotta da De Dolle a Constenoble, il cui nome Oer viene tradotto in “originale” oltre ad essere un gioco fiammingo di parole che significano “nostro”, diventa il manifesto e un’opportunità per reinventare e dare un tocco moderno alla tradizione fino a quel momento scomparsa. Procedono a tentativi, sperimentando combinazioni di microingredienti e pescando fra lievitazioni spontanee e selvagge. Il secondo anno di ricerche li porta a lanciarsi su fermentazioni differenti e a progettare una seconda birra più potente che farà da prototipo per la prima Stille Nacht: «La Special Brouwsel era grezza e scura, l’avevamo ottenuta facendola stagionare un anno intero in botte per poi provare a rifermentarla. Il risultato fu una birra abbastanza piatta che non ci convinceva del tutto così cominciammo a venderla al Kulminator di Anversa allo stesso prezzo della Oerbier». A inizio ’81 la prima Stille Nacht ripercorre quindi i passi della Special, ma modifica il gusto andando a ricercare lo zucchero candito per stemperare la carbonazione e il sapore più spiccatamente maltato. Questa combinazione comincia a convincere le persone che frequentano De Dolle, che cominciano a richiedere la ‘Oerbier più buona’ sempre più spesso: «Pensavamo che l’Oerbier fosse una grande birra e non ci piaceva che la Stille Nacht venisse vista solo come una versione migliorata ma avvenne tutto da sé».

Good Beer Haunter | Breandán Kearney ©

Un aspetto interessante delle leggende è il modo in cui si formano e, quasi sempre, lo fanno in maniera spontanea, proprio come i lieviti che hanno così trasformato la concezione della birra belga. La ricetta della Stille Nacht nasce così, un po’ per caso, un po’ per destino, come tutte le storie magiche:

Quando tornammo a produrre la Stille Nacht per qualche motivo ci dimenticammo di aggiungere i malti e lo zucchero candito che l’aveva resa scura e la birra, avendo solo ingredienti ionici chiari, sviluppò naturalmente un colore arancione, la cui intensità particolare era dovuta dalla densità e dell’ebollizione nei vasi di rame in cui l’avevamo cotta.

Come tende a sottolineare Kris esiste un prima e un dopo nella produzione di Stille Nacht e di tutta la linea di De Dolle, una linea di separazione che ha come data fondamentale il 1999 quando Rodenbach venne acquisito da Palm e smise di rifornire De Dolle e gli altri produttori vicini (fra cui l’abbazia trappista di Westvleteren) con i suoi lieviti. L’aver perso una materia prima così complessa e unica come il lievito Rodenbach costrinse Kris a reinventarsi e trovare una soluzione alternativa: «Prima del 2000, la Stille Nacht era molto dolce, con un grado alcolico attorno all’8%. Dopo che Rodenbach smise le sue forniture di lievito ci siamo trovati davanti a un bivio. Abbiamo quindi provato riutilizzarlo, riattivandolo con mosto fresco e continuando ad alimentarlo. Questo ha provocato una mutazione al suo interno, portando i Lactobacillus e i Pediococcus a scomparire rendendo sempre più forte il Saccharomyces Cerevisiae. La Stille Nacht aveva raggiunto i 12%, il che significava che la rifermentazione poteva essere più difficile e le bottiglie cominciarono letteralmente a esplodere».

I risultati ottenuti con la riattivazione del Rodenbach, e le ricerche per riuscire a controllarlo, sono il passaggio fondamentale nella storia di De Dolle, il momento in cui nasce la leggenda e si depone nella Stille Nacht, ma non solo. Esiste un passaggio successivo, una leggenda nella leggenda, che si condensa nella Stille Nacht Reserva, la produzione più pregiata di De Dolle che nasce, anche questa volta, in maniera magica. Proprio nel momento peggiore di De Dolle, mentre la cantina sembra un Vietnam in cui le produzioni esplodono una dopo l’altra, i fratelli Harteeler escogitano una soluzione per non perdere ciò che avevano prodotto che cambierà, ancora una volta, la loro storia: «Nel 2000 cominciammo ad aprire le bottiglie che non erano ancora esplose per travasarle in botti di vino perché non avevamo abbastanza vasche di acciaio inossidabile, e questo ha fatto continuare la fermentazione. Le abbiamo lasciate in botte per due anni per poi imbottigliarle in bottiglie da un litro. Questa esperienza ci ha portato a ricercare un tipo particolare di botti, esclusivamente di vino rosso che abbiano il carattere e che si abbinino al gusto specifico di Stille Nacht».

Come tutte le sinfonie anche qui i maestri d’orchestra procedono con una direzione sempre chiara in testa, su come la birra di Natale doveva essere sviluppata. Partendo dall’aspetto e dalla densità: «La densità è sempre stata un obiettivo per noi. La ricerchiamo il più possibile lasciando bollire il malto per ore e ore, e poi lo raffreddiamo prima di farlo riposare nei recipienti di rame». Il rame è il vero filtro di tutto, che attiva altri procedimenti chimici e rende la produzione ‘sporca’ in termini di imprevedibilità e di indipendenza da ogni standard di degustazione.

All’inizio ricordo che iniziavamo a fare la birra alle 5 del mattino perché faceva troppo freddo per dormire di più.

La Stille Nacht è per Kris la possibilità di sperimentare, non solo nel gusto, ma anche nelle procedure con cui viene prodotta, con esperimenti di dry hopping e rifermentazione con miele, ormai accantonati: «Ogni anno ha i suoi problemi e produrre birra forte al limite della densità possibile è sempre una sfida. Bisogna pensare che spesso i produttori di birra forte non provano la rifermentazione per evitare il rischio di ottenere una birra piatta e quindi preferiscono seguire la strada della carbonatura o rifermentare a tassi alcolici più bassi. Quello che vogliamo noi è che le persone siano sorprese dalla quantità e dalla complessità del gusto, che vengano rinfrescati  dalla sua leggera frizzantezza, dalle evoluzioni del corpo maltato e dalle sfumature di zucchero candito». Un obiettivo che ogni anno si ripete e che spinge i De Dollers a ricercare anche nei minimi difetti dell’anno precedente le soluzioni per il futuro: «Al momento dell’imbottigliamento mescoliamo 2 blend differenti e contrassegniamo il numero di imbottigliamento con una stella, due per il secondo e così via. Negli ultimi anni il terzo era scarsamente saturo, quindi abbiamo iniziato a indagare e a fare dei test sui parametri per anticipare il risultato della rifermentazione e ottenere risultati migliori».

 

 

Tutti questi segreti e queste combinazioni astrali, si concentrano in Kris, a cui chiediamo, allora, quale sia il suo approccio alla produzione, che cosa ispiri ormai da quarant’anni la scrittura di un nuovo capitolo di Stille Nacht: «Come quando dipingo, cerco di visualizzare il gusto. Vedo il gusto dolce come rosso, amaro come giallo e blu come acido. Per il gusto salato penso al nero, nocciola, fumoso non lo so eppure, grigio forse, l’alcol dovrebbe essere rosa, e così tanti gusti speciali per cui è difficile trovare un colore. L’ho capito un giorno mentre pulivo il birrificio e c’era un programma radiofonico con un professore che parlava del concetto di sinestesia e le sue reazioni fisiche, per cui alcune persone riescono a combinare sensazioni provenienti da sensi diversi».

Ci proviamo, una volta ancora, per cercare di sapere quale sia il modo migliore per rintracciare il gusto di questa leggenda, Kris, immaginiamo sorridendo, ci dà un consiglio da seguire:

L’unico modo per trovarlo è continuare a cercarlo e a fare commenti. Noi partiamo con una degustazione verticale con 15/20 bottiglie e poi ci confrontiamo, cerchiamo gli accoppiamenti più immediati con la frutta e via dicendo. Una dopo l’altra.

Una dopo l’altra, anno dopo anno. La Stille Nacht, Kris e Jo Herteeler, De Dolle Brouwers appartengono a una leggenda tutta loro, tutta da scoprire che, ogni anno, coinvolge le persone e le porta a discutere, selezionare, ricercare quel gusto perfetto ancora in evoluzione.

Le Stille Nacht che sono servite per scrivere il pezzo ci sono state fornite da beergeek.it

To know more about:

De Dolle Brouwers | Sito ufficiale

Wet and Strong – De Dolle Brouwers in Esen, Belgium