Netflix

Abbiamo visto Brews Brothers come fanno in Brews Brothers: bevendo

In tempi di quarantena solo due elementi sono in grado di farla passare più dolcemente degli altri e la risposta è probabilmente per tutti quella di birra e Netflix. Se, per caso, questi due elementi si combinano è addirittura meglio. Il risultato – per quanto involontario – è l’uscita della nuova serie Brews Brothers, sitcom irriverente e scorretta che vede al suo centro le disavventure di un birrificio indipendente a conduzione famigliare nello strano mondo di Los Angeles. Il nostro concetto è stato semplice, guardarla, dall’inizio alla fine, accompagnando ogni episodio a una birra. L’unico spoiler che troverete in questo articolo è che al quarto episodio eravamo già ko.

Come disse un saggio la birra ti fa sentire come dovresti sentirti senza birra.

Armati di birre, Netflix Party (un’app che consente di sincronizzare la visione su diversi schermi) e nicknames e avatar di dubbio gusto, abbiamo così iniziato il nostro binge watching forsennato. È stata dura, lo ammettiamo, e abbiamo anche qualche vuoto sugli episodi. Possiamo, però, consigliarvi questa modalità per gustarvela al meglio, bevendo e ridendo, che in questa quarantena non fa mai male.

Non imitateci, siamo bevitori professionisti.

 

Se quello che vi state chiedendo è se si tratta di una serie tv sulla birra artigianale la risposta è no, o almeno, non del tutto. In Brew sBrothers la birra scorre, a fiumi, e anche i riferimenti a stili e fermentazioni ma, in ogni caso, rimangono un contorno in cui viene ambientata la narrazione. Brews Brothers, però, un pregio ce l’ha ed è la caricatura, sempre sopra le righe, delle due anime che contraddistinguono il mondo del crafting. Da un lato la purezza di chi vede nella birra un aggregante fino a quasi la perdita totale dell’attività, impersonato da Wilhelm (Alan Aisenberg), proprietario e mastro birraio del birrificio-tap room Rodman’s, posizionato in una zona malfamata di LA, con una passione viscerale per il trappismo del Belgio orientale. Dall’altra il fratello Adam (Mike Castle), l’oltranzista degli stili convinto che l’unica cosa che conta nella vita sia «produrre birra perfetta» a ogni costo. Attorno a loro si muovono i collaboratori Sarah e Chuy, un cane alcolizzato, due soci fondatori che passano il loro tempo a scolarsi birre (veri cult della serie), il food truck di due amanti, frati trappisti, gang di motociclisti, distributori, giochi improbabili.

L’avventura segue quindi questa storia, creando situazioni tanto imbarazzanti quanto esilaranti (su questo non possiamo esserne certi viste le nostre condizioni) che tirano in ballo tutto ciò su cui non è concesso scherzare, fra stereotipi, prese in giro e dark humour. In tutti gli otto episodi (se fate i conti capite voi quando abbiamo bevuto) la birra è al centro, che sia per una gara di degustazione olfattiva o la battaglia contro i poteri forti e le tentazioni di cedere tutta la propria indipendenza al mercato mainstream che, piccolo spoiler, arriva quasi come una sorta di ammonimento del tipo Se i conti non li fai tu, saranno gli altri a farlo.

Quali birre ci sono, quindi, in Brews Brothers? Tante, quasi uno stile a episodio. Si parte dal dissing alla IPA (qui la chiamata a raccolta per crearne una dal gusto ‘stupefacente’ come quella di Adam è aperta) per arrivare a Sour, Lambic, APA e via dicendo. Ci sono i fail nella scelta dei nomi (come la Weiss Pride o la V.E.R.G.A Imperial), quelli nella scelta delle bottiglie e, ancora oltre tutti gli errori e le improvvisazioni di ogni birrificio appena nato.

Se cercavate una serie tv poco corretta in termini di battute, cultura birraia and so on, Brews Brothers fa sicuramente per voi. L’ortodossia qui non è di casa e, anzi, il pregio di questa serie è mettere a nudo numerosi luoghi comuni su birrifici e il mondo che gli circola attorno. È un invito a godersi di più le ragioni per cui la birra è stata creata, stare insieme e creare storie comuni, piuttosto che rinchiudersi in piccole nicchie degustative che non fanno bene a nessuno. La purezza di cui parlavamo prima che, giocoforza, si scontra con un mercato che tende a impoverirla in termini di fatturato. Dall’altra parte, però, vengono riproposti i soliti cliché protohipster che già emergevano nella storie di Easy, in cui il rapporto fra fratelli e birra diventa una fase di scontro (ancora una volta il dissidio è birra per birra e birra per fatturato) ma, che forse, toccano ancora un punto scoperto.

Insomma, Brews Brothers ci è piaciuta? Nì, perché ci ha ricordato di quanto è bello creare, bere e condividere una passione come questa. Ci è piaciuto il tono scanzonato anche fra le inesattezze continue e situazioni che hanno superato sicuramente il limite, come la nostra del resto. Ma rimane tuttavia un po’di amaro in bocca per un’altra occasione sprecata nel raccontare questo mondo fatto di tante sfumature, nella birra e non solo.

 

Una birra a episodio – THE CHALLENGE :

 

EPISODIO 1 – I fratelli Rodman – IPA DAL GUSTO STUPEFACENTE

EPISODIO 2 – Come ricreare il capolavoro – LA PILSNER È ROBA DA UOMINI

EPISODIO 3 – Il gusto di Van Nuys – REFRESH YOU SOUR

EPISODIO 4 – Monk Monday – ONLY TRAPPERS LEFT ALIVE

EPISODIO 5 – Il miglior naso di Los Angeles – LAMBIC ASKS FOR MORE

EPISODIO 6 – Laszlo Suna – ZERO ZERO PORTER

EPISODIO 7 – Kratchball – DON’T CALL ME WEISS

EPISODIO 8 – Il trink – APA DON’T PREACH