La birra artigianale italiana si trova in un momento di crisi gravissima imposto dalla pandemia e la chiusura di beershop, ristoranti, brew pub e rivenditori. In maniera minoritaria (si parla di 10-15%), si è riuscito a tamponare le perdite con delivery, spedizioni e una catena di solidarietà che ha coinvolto non solo appassionati. È, forse, questo un piccolo punto positivo in tutto questo buio, un lumicino di speranza che ha permesso di capire quanto sia importante sostenere in Italia le nostre realtà artigianali, regionali e di quartiere.
Pensare, però, che questo settore possa essere supportato solo dall’acquisto privato è un errore drammatico con conseguenze, inevitabilmente, disastrose. Questo perché la birra artigianale e indipendente italiana non parlano solo la lingua del prodotto finito da scolarsi al bancone o da trovare sempre pronto in frigo, ma di realtà – agricole, produttive, distributive – che sostengono e promuovono questo mondo unico. Un vanto per l’Italia, quel tanto sdoganato paese del buon vivere e del buon mangiare, che rischia però di scomparire.
La birra artigianale e agricola italiana è una nicchia del mercato, ma è in continua evoluzione e negli ultimi anni ha conquistato il gusto dei giovani: il 60% dei millennial italiani è un conoscitore attento delle varie tipologie di birra, da quelle delle bottiglie da collezione, alle profumate e variopinte. La birra artigianale è anche entrata nel paniere Istat, a testimonianza del suo successo crescente nelle famiglie italiane.
I dati forniti da CIA, che rappresenta gli agricoltori italiani, in collaborazione con Unionbirrai parlano di un drammatico -90% di fatturato per il 2020, in cui il settore si ritrova in ginocchio dalla chiusura di pub, ristoranti, e l’annullamento di fiere, eventi, sagre e di qualsiasi attività legata allo street food. Notizie drammatiche per un settore che vale il 4% del mercato nazionale e dà lavoro a 7mila addetti, producendo in media 500mila ettolitri, di cui il 20% biologico, fatturando oltre 250 milioni annui (dati: Unionbirrai).
La situazione si fa ancora più drammatica se si seguono le analisi di Althesys per Osservatorio Birra che ha stimato, con il lockdown, una perdita valore condiviso del settore birra (quindi artigianale + industriale, essendo l’Osservatorio promosso anche da Birra Moretti), di quasi 1,6 miliardi, con una perdita di circa 21.000 posti di lavoro.
Questi dati sono necessari per comprendere in che modo sta funzionando non solo il mercato, ma tutta la cultura brassicola nel nostro paese, distante anni luce dalle notizie trionfalistiche per cui la birra durante la pandemia sia diventata l’amica per 9 italiani su 10. Un messaggio che è circolato per settimane lanciato da Assobirra, che raccoglie i più importanti produttori del settore industriale, e si basa soprattutto sul consumo in GDO, una vetrina preclusa alla maggior parte di birrifici indipendenti e microbirrifici.
Per permettere di inquadrare la crisi della birra artigianale italiana con un’ottica più realistica è arrivata la replica di Unionbirrai, che sta lavorando da mesi per portare all’attenzione dei ministeri competenti le specificità del comparto della birra artigianale italiana. Si legge nella nota che: «il quadro idilliaco che viene proposto è però uno schiaffo in faccia a centinaia di birrifici artigianali che sono completamente fermi o hanno visto il proprio fatturato crollare a seguito delle restrizioni e delle chiusure dei propri canali di vendita: ristoranti, pub e bar. Risulta difficile non notare che, di conseguenza, il comparto della birra artigianale, per il quale non esiste uno specifico codice ATECO, sia stato completamente tagliato fuori da ogni forma di ristoro nei decreti recentemente approvati»
«All’interno di questo studio Assobirra rilancia, perlatro, per l’ennesima volta la propria richiesta di abbassamento delle accise sulla birra», continua Unionbirrai, «Lo diciamo chiaramente: un abbassamento di qualche centesimo dell’aliquota fiscale sarebbe un regalo milionario a poche multinazionali straniere e una elemosina a centinaia di aziende italiane, che impiegano migliaia di persone e che stanno lottando con il coltello fra i denti per la propria sopravvivenza».
