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La birra artigianale è la grande esclusa dal Decreto Ristori

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Nel nuovo Decreto Ristori previsto dal governo Conte con il D.L. dello scorso 28 ottobre per sostenere le attività di bar, pub e ristoranti in tempo di pandemia in seguito a una nuova stretta sugli orari per contenere la seconda ondata dell’epidemia,  il principale escluso dal provvedimento è il mondo della birra artigianale italiana. Secondo Unionbirrai, non viene – ancora una volta – considerato il ruolo dei produttori indipendenti che vengono colpiti, giocoforza, dalle chiusure delle attività, perdendo uno dei canali principali di vendita. Il settore artigianale, già colpito duramente, rischia di ritrovarsi nella stessa situazione di inizio anno, quando era riuscito a mantenersi attivo grazie agli acquisti online e al delivery, dipendendo quasi del tutto dall’acquisto privato. In molti casi, però, questo tipo di soluzione non è stato abbastanza e intere produzioni sono state perse, programmi di produzione rivoluzionati e interi investimenti persi.

Con le nuove chiusure regionali, seppur con la possibilità di continuare nelle zone meno a rischio in cui, nell’ultimo DPCM, bar e pub continueranno a essere aperti (con orario ridotto), i birrifici si ritrovano di nuovo in una situazione gravissima, senza che gli venga riconosciuto un tipo di agevolazione che gli permetterebbe di proseguire il loro lavoro, almeno, con una garanzia di utile. Unionbirrai ha denunciato e criticato la scelta di riservare solo alle attività di somministrazione le sovvenzioni, non tenendo, quindi,  in considerazione «la filiera strettamente legata a questo settore e andando quindi a penalizzare il comparto della birra artigianale italiana, che seguendo principi di filiera corta e territorialità si esprime maggiormente nei canali commerciali tipicamente legati a quelli della somministrazione».

Come ci hanno raccontato i produttori durante il primo lockdown, la situazione – se si dovesse riprodurre – li costringerà a dover fare scelte difficili, con litri di prodotto in disavanzo e perdite quasi del tutto impossibili da recuperare.

L’Annual Report 2020, presentato da Assobirra ha ribadito che il settore della birra artigianale italiana non rappresenta solo il mondo delle bevute a bancone, ma una filiera intera attorno che si muove dai campi di coltivazione alla produzione finale, con lavoratori, famiglie e appassionati che ne sostengono la crescita con il proprio lavoro e consumo. Parliamo di un settore che, dal nulla, ha saputo rappresentare quasi lo 0,5% del PIL italiano, con una produzione che nel 2019 è cresciuta del 5% (passando da 16.421.000 a 17.247.000 ettolitri), per un totale di 144mila addetti coinvolti in maniera diretta o indiretti (Fonte: Assobirra). Molto di più, insomma, di una pinta, ma un mondo di storie e realtà radicate che si sono consolidate e, ora, rischiano di scomparire.

Per sostenere un birrificio artigianale basta poco, è molto più quello che si guadagna mantenendolo in vita.

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