odio le IPA

Se odio le IPA è tutta colpa della mia ex: la Maltìn Polar

C’è un vero motivo per odiare l’IPA? Proprio ora che tutti bevono solo quella? Proprio ora che è l’unico stile birraio che tiene su le vendite di tutti i birrifici? Proprio ora che addirittura la Moretti o la Peroni hanno lanciato la loro IPA da scaffale (traditrici) per continuare a coccolare il fegato della massa? E’ possibile che io abbia considerato di diventare astemia piuttosto che riempirmi il frigo di Punk IPA? Ebbene si, lo ammetto: io odio le IPA. E giuro che non è per essere una snob controcorrente come i beer lovers che vogliono fare gli alternativi cercando stili più complessi. Il mio è un rifiuto viscerale, emotivo, quasi un disgusto primordiale, come quello che prova un napoletano per la Juventus. E finalmente ho capito perché. Se i gusti sono gusti, sicuramente c’è un motivo per cui lo sono. Non è il mio obiettivo quello di trovare una ragione psicologica/neurologica/sociologica sul perché ad alcuni piacciono le IPA e ad altri (se ce ne sono oltre me) no. Però posso raccontarvi la mia rivelazione personale.

Il bello della mia famiglia, tra le tante cose, è che ha origini venezuelane. Entrambi i miei genitori sono nati in Venezuela e quindi sono cresciuta da sempre a contatto con questa cultura sudamericana. Mio padre principalmente è quello che porta avanti questi retaggi, tra ricette speciali, modi di dire pittoreschi e chicchi d’uva mangiati alla mezzanotte di Capodanno (“che portano soldi!”). Io e lui siamo quelli che in famiglia condividono di più la passione per certe tradizioni e quindi ha trovato in me, da sempre, una fedele complice. Cosa c’entrerà questo con le birre? Niente paura, nessun complesso d’Elettra o chissà quale altra implicazione psicologica che ha che fare con “parlami dei tuoi genitori e ti dirò chi sei”.

Semplicemente, tra le tante cose che circondavano il nostro mondo fatto di Italia e Venezuela, c’era questa bevanda che io e mi papi condividevamo davanti al Sei Nazioni, sul divano, la domenica pomeriggio: la Maltìn Polar. Nata nel 1951 e prodotta dalla Cervecerìa Polar (un birrificio venezuelano), la Maltìn Polar è una bevanda tipica sudamericana analcolica ed è preparata con orzo, acqua e zucchero, proprio come la birra (ma senza fermentazione). È gassata, ha un color caramello scuro e una schiuma dorata. È molto dolce e il sapore di malto è molto persistente. Quando mio padre la portò a casa la prima volta (comprata probabilmente in qualche negozietto d’importazione), io ero una bambina ed ero molto scettica nell’assaggiare una bevanda che aveva gli stessi ingredienti di una birra. E poi ste robe sudamericane hanno sempre gusti particolari (mai mangiato un piatto chiamato “caraotas negras con azucar?”). Ma decisi di fidarmi e da li ho capito che una volta avuta l’età per bere, avrei bevuto solo birra (e in parte è vero).

Posso quindi ormai rivelarvelo: la Maltìn Polar è la mia ex; la mia ex tra le birre. Il primo amore, il primo bacio, la prima volta, l’amore quello da ragazzini, quello innocente e puro. Quell’amore che non scordi e che ti forma un po’. A pensarci, sono stati gli anni più duri della mia gioventù, quelli in cui alla festa della birra indossavo cappotti XXL solo per nascondere nelle tasche, delle bottiglie di Porter da introdurre clandestinamente. E la gente mi guardava male! Ci sono stati giorni in cui decidevo di bere delle IPA solo per non sentirmi emarginata, per dimostrare ai miei amici che ero normale. Ma poi mi ritrovavo sempre a cercare su internet, rigorosamente con la modalità in incognito, dove poter bere una bella e dolce Stout. Avevo qualcosa che non andava? Ero io sbagliata oppure era il mondo a non capirmi?

Ma poi c’è stata la svolta, poi ho capito. E l’ho capito solo quel giorno d’estate, il 5 Agosto precisamente (non posso mai dimenticarlo). Faceva davvero caldo. Tornai a casa e sulla via che mi portava al refrigerio c’era lei: la Maltìn Polar. La bevvi ed ebbi come un’epifania, una reminiscenza proustiana che fece rifiorire in me un uragano di ricordi. Era così tanto tempo che non la incontravo! Quel pomeriggio afoso è stato rivelatore per me e quell’incontro intenso con la Maltìn è stato come rincontrare un vecchio amore che sa ancora come sorprenderti, che sa ancora come risvegliare quelle sensazioni sbiadite con il tempo e perse nei meandri più oscuri dell’inconscio. Quel giorno io ho capito; ho capito perché io odio le IPA. Se è vero che il primo amore non si scorda mai, allora vado fiera di aspettare l’autunno per gustarmi una bella birra alla zucca (non me ne voglia la redazione).

Il punto è che probabilmente la Maltìn Polar ha influenzato per sempre i miei gusti sulla birra. Il legame affettivo che ha, il gusto dolce che risveglia ricordi d’infanzia ogni volta, mi hanno probabilmente spinto a ricercarla ancora e ancora nelle birre, una volta che a 18 anni (facciamo i bravi!), ho iniziato ad assaggiarle. Ed è per questo che ci sono birre che mi piacciono di più di altre: quelle di base molto dolci e che hanno un sapore di malto molto deciso; un sapore che mi riporta sul divano con mio padre o nella mia cameretta, con i libri di filosofia davanti e il babbo alla porta che mi dice “guarda cosa ti ho portato?” e mi regala questa lattina fredda di Maltìn Polar.

Questo non vuole essere un tentativo di giustificazione sul perché non faccio parte di quella grande fetta di bevitori che amano le birre super luppolate. Ma se con questa spiegazione emozionale posso indurvi a vedermi un po’ più umana, anche se odio le IPA, e meno aliena quando ordino una birra natalizia, allora sono ancora più felice di aver condiviso questo ricordo.

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