Una cosa che ci ha sempre sorpresi del mondo della birra artigianale è come, spesso, sia così difficile scoprirla. Il movimento indipendente è caldo e in fermento, vero, aprono posti dappertutto e le possibilità si sono moltiplicate, IPA, APA e Stout sono vocaboli ormai sdoganati, ma questo è un discorso che non riguarda proprio tutti. Sempre più persone, certo, ma parliamo pur sempre di un processo ancora ben lontano dalla sua conclusione. Certe storie sono come quelle di una cotta liceale, sareste stati benissimo insieme se solo lui o lei avessero saputo e, anche nella birra, va un po’ così, c’è chi resta e chi va ma, generalmente, ci arrivano tutti in ritardo.
Doppio Malto, con la sua combo ristorazione e birra artigianale, è riuscito in poco tempo a conquistare un mercato a tratti inesplorato senza rovinare la propria origine indipendente. In parole povere, ha trovato una risposta concreta al dubbio fra accessibilità e ricercatezza, creando un concept che ruota attorno a una linea di birre estremamente godibili ma, non per questo, difficili o monotone.
Questa magia avviene in un ambiente in cui il mondo artigianale, richiamato da fermentatori, growler e insegne, si fonde in un ambiente industrial tipico della commodity americana: menù vario in grado di accontentare tutti, spazi grandi, comodi, ideali per famiglie, per il relax, per una pausa domenicale o per un pranzo veloce. Non si tratta di qualcosa di troppo estraneo alle taproom, solo molto più grande e diffuso, con una clientela atipica e generalista, non necessariamente geek e, forse, nemmeno lì necessariamente per bere una birra diversa. Doppio Malto funge da collegamento, tra il mondo vissuto una 0,66 alla volta e la birra artigianale, invitando il palato a scoprire una complessità differente in fatto di birra e, magari, col tempo, abituandolo a scegliere standard più alti.
Siamo partiti, quindi, con una domanda (Doppio Malto può essere davvero un modo per contribuire alla rivoluzione artigianale di cui tanto si parla?) e ci siamo fiondati al ristorante di Bologna per capirlo.
Siamo generalmente quel tipo di persone che non frequentano posti ad alta affluenza come multisale, outlet o zone commerciali, dove è possibile trovare alcuni dei 20 ristoranti Doppio Malto, e tendiamo a guardare con sospetto queste realtà, preferendo pub bui con sempre le stesse facce. Nel format Doppio Malto, tuttavia, abbiamo trovato quello che dicevamo all’inizio, un’atmosfera diversa e, sicuramente, più politically correct delle normali taproom, in cui al posto dei freaks and geeks si trovano più famiglie, lavoratori in giacca e cravatta, irriducibili morettiani e coppiette. I domenicals, diciamo, quel grande gruppo di persone che prova piacere nel trascorrere il tempo libero nelle zone commerciali nel weekend e per ora di pranzo o cena, si ritrova in questo tipo di ambienti. Non baratteremmo certo quei posti bui con Doppio Malto ma, pensiamo, sia piacevole che qualcuno riesca a mettere così tante persone davanti a una birra artigianale e a far funzionare un’idea del genere. In fondo è la stessa cosa che facciamo noi.
C’è molta USA dentro Doppio Malto, che già aveva ispirato la formazione del birrificio fondato da Alessandro Campanini, ben prima che unisse le forze con Giovanni Porcu per dare vita alla catena di ristoranti: «L’incontro con Doppio Malto risale al 2015. Doppio Malto, in quegli anni, per volere di Alessandro aveva un piccolo brew restaurant accanto alla fabbrica. Io, che venivo dal mondo della ristorazione, ho capito che si poteva lavorare per parlare a un pubblico più ampio, fatto sì di appassionati di birra, ma anche di semplici estimatori, consumatori occasionali e curiosi. In sintesi, direi che abbiamo valorizzato la più grande forza del marchio, la birra, e intorno ad essa abbiamo costruito un progetto retail in grado di parlare a tutti».
Da questo incontro nasce il format, in cui la tradizione americana si unite a quella italiana. Il menù mescola le esperienze delle barbecue houses e dei pitmaster magici disseminati lungo le praterie del southwest americano, con un gusto più casual fatto di pizze al tegamino, insalate e hamburger. Il rito del barbecue americano non è più un fatto di sgasate Bud Lite ma di Zinger, Mahogany, Crash e altri 11 tipi di birra, con cui l’offerta assume una connotazione italiana, più local che da fast food. La tradizione americana non manca con carne, braci e galletti ma, come nel caso dei patties degli hamburger con cime di rapa e burrata, coesiste con una certa attenzione verso le nostre stagionalità e i nostri ingredienti. La firma, però, viene con la maionese alla birra portata in accompagnamento di ogni piatto. Lo special touch per sentirsi come a casa, con le griglie unte e i pomeriggi bollenti. Accanto a ogni piatto del menù viene indicato l’abbinamento consigliato di una delle 14 birre realizzate “pensando a voi” che vengono presentate nella prima pagina, che poi è il motivo per cui ci ritroviamo qui.
Ecco, le birre. Tutto il concept di Doppio Malto ruota attorno all’immagine artigianale, è letteralmente dappertutto (arredamento, poster, spine, growler, perfino in bagno) ed è impossibile sbagliarsi. C’è talmente tanto che, un pochetto, quest’attenzione si perde nel menù. Ci sono gli abbinamenti affianco ai nomi dei piatti, vero, ma viene meno quel sentimento beer-centered che dovrebbe contraddistinguere Doppio Malto. Questo problema si riflette, non tanto sulla questione culinaria (alla lunga il gusto della birra negli alimenti potrebbe stancare) ma perché, ad esempio, diventa complicato distinguere e ricordare le singole birre, soprattutto per la degustazione Birra comanda colore, che seleziona le birre in base – crediamo – la prevalenza di gusto di luppolo, malto o aromi. Crediamo perché non c’è, effettivamente, un modo per scoprire da cosa sono composti questi percorsi. Il rischio è, quindi, che si perda il senso del Born in Brewery ma, ehi, bisognerà pur partire da qualcosa e, in questo senso, Doppio Malto ha già dimostrato di perfezionare al millimetro la propria offerta, aprendo nei centri storici e dotandosi di una serie di idee sempre più legate all’artigianalità dei prodotti e attente all’ambiente come a Milano. A parlarcene meglio è Giovanni Porcu, Ceo di Foodbrand Spa e animatore del format Doppio Malto:
Penso che la forza del format Doppio Malto sia proprio quella di offrire un prodotto artigianale di grande qualità in un ambiente aperto a tutti, conviviale e informale. Diciamo sempre che Doppio Malto è un posto felice e lo è veramente. Noi siamo e vogliamo essere un posto felice, un posto per tutti. Non un tempio per i soli amanti della birra artigianale. Doppio Malto è un luogo in cui la birra è un’occasione di incontro, non un fine.
Se parliamo di birra è inevitabile che ci si ponga la domanda: Doppio Malto è un birrificio artigianale? La risposta è, probabilmente, che Doppio Malto appartiene a un mondo a sé che non è stato ancora codificato. È uno dei produttori più forti in Italia (600mila i litri prodotti nel 2019, con un secondo sito di produzione nato in Sardegna) ma si muove su un bacino di distribuzione limitato ai propri ristoranti e, in tempi recenti, a quello dell’ecommerce. Come ci conferma Giovanni Doppio Malto è, in definitiva, l’immagine più vicina al concetto di brewery americana nel nostro paese, dove i volumi sono così ampi e sdoganati da creare colossi come Brooklyn e Sierra Nevada: «La quasi totalità della distribuzione avviene attraverso i nostri ristoranti. Durante il lockdown di marzo abbiamo lanciato il canale di vendita on line, che ci sta dando parecchie soddisfazioni e stiamo attivamente lavorando per affacciarci alla GDO nel 2021».
Doppio Malto, continua nelle sperimentazioni e investe sulla qualità della propria produzione birraria, come dimostrano le stagionali (però spesso fuori menù) e i premi che continuano a ricevere in Italia e all’estero. La ricerca di materie prime, aromi, ricette, rendono la produzione di Doppio Malto a metà fra i due percorsi, di chi movimenta grosse quantità di birra pur mantenendo una vocazione più alta. Magari qualcuno dirà di essere proprio partito da qui e, per la birra, è sempre una buona notizia.