Quando si tornerà a viaggiare lasciate perdere le monumentali birrerie di Monaco, le pils sul Ponte Carlo di Praga o gli infiniti pomeriggi tra le botti di lambic in Belgio. C’è solo un posto in cui vorrete andare: la Corea del Nord. Ebbene sì, al di là delle provocazioni, la Corea del Nord potrebbe essere l’unico paese al mondo in cui sentirsi come un Micheal Jackson alla scoperta di nuovi sapori, un vero Beer Hunter. D’altronde si sa, che a volte tanto più un luogo è inaccessibile, tanto più stuzzicherà il tuo desiderio di andarci. Ma c’è un altro motivo per cui la Corea del Nord sarà la tua prossima meta, ed è proprio la birra. Infatti, è da una ventina d’anni che il mondo brassicolo nord coreano è in fermento e, soprattutto da quando i permessi per entrare nel paese come turista sono diventati più accessibili, la birra sta diventando una vera e propria attrazione turistica, soprattutto per il movimento di microbirrifici. Ma ora vediamo come sia potuto accadere tutto questo.
The Chosen One. Il prescelto del del Sol Levante.
Prima ancora del programma nucleare militare, dei test sotterranei che fanno danzare i palazzi di Pyongyang suonando la sesta corda della scala Richter, l’occidente ha iniziato a tremare per un’altra faccenda. La birra.
Tutto iniziò nel 2000. Un giovanissimo Kim Jong-un già seduto sulla poltrona più alta del suo paese, il grande “Maresciallo dell’Armata del popolo coreano“, annunciato dal popolo come “il Grande Successore” ma solo perché “The Chosen One” era già stato preso da LeBron James, fece un accordo che modificò per sempre gli equilibri geopolitici, soprattutto nei confronti dell’occidente. Proprio nel 2000, appunto, la Corea del Nord, guidata dalle pulsioni tardo adolescenziali del suo leader paffuto, acquistò un birrificio tedesco e iniziò a produrre un’enorme quantità di birra. Da questo momento in poi la Corea del Nord non fu più la stessa e i microbirrifici iniziarono a spuntare in tutto il paese proporzionalmente all’arrossamento delle guance della popolazione malnutrita, ma in compenso alcolizzata. Non poteva esserci uno smacco più grande per l’occidente. Un paese di esplicita ispirazione stalinista, arroccato nell’angolo più remoto dell’Asia tra l’ostilità degli Stati confinanti, che si compra un birrificio tedesco.
Un piccolo amplesso complottista.
Lo so che di questi tempi la dietrologia va di moda, ma non ho resistito. E se il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite avesse cominciato ad accusare Kim il “Prescelto” di crimini contro l’umanità soltanto per salvare il mercato della birra occidentale?
Se ci pensate bene la birra è uno dei simboli più forti dell’occidente. Tralasciando la storia millenaria dell’arte brassicola fatta di sanguinose crociate e allegri passatempi di monaci e suore, nei nostri anni non c’è una bevanda più rappresentativa del nostro modo di vivere e concepire il mondo (tranne forse la Coca Cola). Se fossi uno dei filosofi della Scuola di Francoforte, che banalizzando possiamo considerare i padri della dietrologia moderna, potrei sostenere che attraverso la birra e la pubblicità, i regimi occidentali ci stanno facendo ingoiare subdolamente litri e litri di ideologia liberista e capitalistica. Ma non voglio entrare così tanto nel merito della questione. Quello, però che è facile da notare, è come tutta la nostra cultura pop sia imbevuta di birra. Le Budweiser nei film di Clint Eastwood, la Duff nei Simpson, il connubio perfetto di pizza e birra, Tennet’s e droga, Hollandia e Pakistan. Il terzo tempo nel rugby, lo svenire al bancone del pub per festeggiare, per rimorchiare, per dimenticare, per autocommiserarsi. Insomma, qualsiasi momento delle nostre vite è accompagnato dalla birra. E se state leggendo questo articolo, non potete negarlo!
Ma in oriente succede lo stesso? Ovviamente no. I paesi Musulmani come sappiamo sono automaticamente esclusi (anche se le storie di chi beve nonostante i divieti della religione non mancano). I cinesi, si sa, non hanno un’enzima e l’alcol non lo digeriscono. I giapponesi sono degli americani con gli occhi a mandorla e quindi, nella mia autorevolissima interpretazione della geografia brassicola, non contano come oriente. Il sud-est asiatico, in primis il Vietnam, ma anche il resto non è stato da meno, si è preso tanto di quel Napalm che ora è meglio lasciarli stare. Rimangono fuori un po’ di staterelli piccoli e insignificanti come la Russia che, o sono sotto la diretta influenza degli USA, o comunque ne condividono alcuni valori di fondo. L’unica esclusa, ovviamente, rimane la Corea del Nord. E poi Kim Jong-un, lo sappiamo, è il politico che ha fatto della sua vita un meme, un comico che con una sottilissima ironia va a toccare le corde più profonde della vita politica delle persone, ancora più di Charlie Chaplin, è l’unico leader mondiale che non ha avuto paura di mostrare come l’attività politica non sia altro che un grande gioco di ruolo e lui è il tuo amico che non ha capito bene le regole e allora impiega tutte le sue energie per autosabotarsi e rendere la partita più assurda e divertente possibile. E qui sta il grande errore interpretativo dei media occidentali: non ci si deve preoccupare tanto dei missili puntati sugli Stati Uniti. Quelli sono soltanto un diversivo per distogliere l’attenzione dal vero colpo basso all’occidente: la birra e la tanto millantata cultura craft che negli ultimi anni sta fiorendo in tutti paesi anglofoni e maccheronici. Queste birre sono i veri missili di Kim. E sono puntati direttamente alle nostre gole.
Ma non c’è da stupirsi. Basta viaggiare in oriente per accorgersi quanto sia largamente diffuso un simile sentimento di rivalsa nei confronti di noi occidentali. Ma non una rivalsa come possiamo intenderla noi. Non è la classica gara a chi ce l’ha più lungo. Quella che ti cercano di servire è una vendetta ironica, ma non per questo meno umiliante. Chiunque abbia viaggiato in Vietnam ne avrebbe di esempi da raccontare che starebbe qui a scrivere fino a domani. Per esempio quando i turisti vengono spinti a entrare per 10 minuti nei nascondigli dei Vietkong e tornano fuori dopo 2 minuti in preda ad attacchi di panico. O quando alle 10 di mattina ti offrono della grappa di riso aromatizzata ai serpenti velenosi solo per il gusto di farti ubriacare e deriderti se una volta che salpi per il mare aperto e ti contorci in preda al vomito proprio come il serpente che ti eri appena bevuto. Insomma questo misto di sadismo e vendetta è un’atteggiamento che conosco e che tra l’altro mi ha sempre divertito molto.
Una meta da veri Beer Hunter.
La birra di Stato è la Taedonggang ed è una bionda molto rinfrescante. Tutte le persone intervistate hanno dichiarato di essersi sorpresi per la qualità di questa birra che superava ampiamente le aspettative. Vabbè, lo sappiamo che i nordcoreani non brillano certo per trasparenza, quindi non andrei fino in Corea del Nord per ber una Taedonggang. Però c’è una cultura di microbirrifici in grande fermento, che potrebbe essere davvero interessante. Considerato il fatto che non hanno accesso alle stesse varietà di luppoli a cui siamo abituati i sapori e gli aromi saranno completamente diversi. E chissà che non nascondano qualche sorpresa.
Potrebbe essere, per esempio, molto interessante assaggiare una steam beer, la birra al vapore, uno stile originariamente americano di birra prodotta a temperature superiori al normale e decisamente popolare in Corea del Nord, dove produrre questa varietà di birra è stata semplicemente una necessità. Infatti i frequenti blackout di corrente hanno reso impossibile mantenere una temperatura bassa costante per la preparazione. Altra particolarità delle birre nordcoreane è che siccome il riso, che sta alla base nelle birre asiatiche, qui è riservato esclusivamente al cibo, e l’orzo non è usato nella cucina coreana, c’è tantissimo orzo da usare nella preparazione, fino al punto di creare delle birre tutte d’orzo. Di conseguenza, le birre sono più scure e più maltate, il che le rende decisamente più interessanti rispetto alle altre birre asiatiche. Così come per la nascita di moltissime ricette della tradizione culinaria italiana, anche per le birre nordcoreane la scelta degli ingredienti, i metodi e i procedimenti di preparazioni sono più dettati dalle necessità rispetto a veri e propri studi e hanno portato i nordcoreani a produrre “birre più interessanti della maggior parte degli altri paesi del mondo”.